L’altra sera, guardando il programma di Pino Scotto su Rock TV, che OK non sarà proprio il massimo dell’intellettuale ma al mio fidanzato-fidanzatissimo piace quando augura la peggio morte agli ascoltatori che gli mandano sms pro-grande fratello o Maria De Filippi, ad un certo punto ad un telespettatore che gli chiedeva quale fosse il suo libro preferito, ha risposto che ce n’erano tantissimi e non riusciva a scegliere e blablabla…
Questa cosa mi ha fatto pensare che anche io ho avuto molti libri preferiti nella mia vita di lettrice (dai quattro ai trent’anni fino ad ora) che coincidevano con vari periodi della mia vita, ma mai più di un libro nello stesso momento, ne ho amato sempre uno alla volta…
Ricordo il primo libro che ho letto con piacere, e ho riletto tante e tante volte nella mia infanzia, ovvero “Piccole Donne” di Louisa May Alcott, di cui avevo una edizione cartonata, con grosse pagine spesse, che qualche volta ho bagnato di lacrime, soprattutto per la malattia di Beth, sulla cui avevo la convinzione, già da bambina, che non ce l’avrebbe fatta… Ricordo benissimo la prima frase del libro: “Un Natale senza strenne non è un vero Natale”* ed è stata probabilmente la prima volta che ho sentito la parola “strenna” che poi, da brava sottuttoio-quello-che-leggo-lo-ripeto, ho iniziato ad usare bullandomi della mia cultura (ero rompiscatole anche a otto anni, lo so).
Il primo libro che mi ha appassionata davvero, che ricordo di aver letto in due giorni, stesa sul lettone dei miei, è stato “Il nome della rosa” di Umberto Eco, che credo non abbia neanche tanto bisogno di essere descritto o recensito. Ricordo che facevo le medie, probabilmente la seconda, e avevamo attivato in classe una specie di piccola biblioteca in cui ognuno portava qualche libro da lasciare per tutto l’anno scolastico e si poteva prendere segnando la data di prestito, insomma, come una vera biblioteca. Non ricordo che insegnante, forse quella di italiano, portò questo libro, in edizione economica, piccolo e molto usato, che portai a casa immediatamente. Mi innamorati in meno di due minuti delle fluenti e interminabili descrizioni di Eco, nonché della storia sottostante, che forse fu il preludio del mio amore per i gialli.
In terza media, sempre in questa mini biblioteca scolastica e sempre ad opera di una professoressa (probabilmente la stessa), ho letto “Storia di una capinera” di Giovanni Verga, una storia struggente, terribile e appassionata, che forse, agli albori della mia maturità sessuale, ho trovato ancora più coinvolgente per la purezza dei miei sentimenti “amorosi” di ragazzina.
Poi fu la volta dei libri di Agatha Christie (la mia autrice preferita in assoluto) , credo di averli letti tutti, tranne Addio Miss Marple, il mio personaggio preferito che, nella mia testa, non sarebbe mai dovuto morire. Nel periodo Christie il mio libro preferito è diventato “Miss Marple: Nemesi”. Una storia intrecciata, ma fredda e logica, uno dei pochi della Christie di cui abbia mai trovato il colpevole prima della dichiarazione dell’investigatore di turno. Diciamo che è un po’ una forzatura trovare un preferito tra i libri della giallista inglese, e forse posso dichiarare pubblicamente che il più brutto (non il meno bello, ma proprio brutto) è stato “La domatrice”, ma sul migliore, diciamo che mi sono basata soprattutto sulla mia vena egocentrica nel pensare che è forse l’unico che abbia mai risolto prima di Miss Marple.
E poi c’è stato il periodo Baricco, con i suoi libri fatti di “adorabile aria fritta”, che riusciva a parlare per pagine e pagine di un dettaglio insignificante e che mi è entrato dentro con “Oceano Mare”, un libro onorico, quasi delirante, che a tratti forse non ho neanche capito bene, ma di cui ho sottolineato tante frasi, trascritto tanti brani e letto e riletto per mesi, come una bibbia che potrebbe cambiarti la vita. Ma quella, si sa, non cambia quasi mai…
Faccio un po’ fatica a ricordare qual è stato il libro del post-oceano mare, forse arriviamo direttamente al momento di Hornby, con “Come diventare buoni”, che secondo me è stato troppo bistrattato a favore del sicuramente bellissimo “Alta Fedeltà”. “Come diventare buoni” è un libro geniale, si traspone nel tema del doppio una normalità che fa quasi paura, ed è così improbabile e folle da farti immedesimare, da farti perdere nella storia.
Da “Come diventare buoni” probabilmente passo a “La casa del sonno” di Jonathan Coe, che, come ha detto l’autore stesso (e non ne capisce il motivo), è il suo libro preferito degli italiani, ma è durata poco, perchè quando ho sentito dalle vive parole di Coe (alla presentazione de “La pioggia prima che cada” a Pescara) questa cosa, mi sono sentita talmente uguale agli altri (e così italiana…) da farmelo quasi rendere irritante. So anche di essere strana, oltre che rompipalle…
E arriviamo all’ultimo libro preferito, quello di questo periodo, considerando che tra Coe e adesso ce ne sono diversi che mi hanno colpita, fatta piangere o ridere, tenuta incollata alle pagine (o al Kindle…) di giorno e di notte, ma tempo fa sono andata a Roma, e sono riuscita a trovare un libro che volevo leggere da tempo, che volevo “avere” di mio, di carta, perchè sapevo che l’avrei amato. Probabilmente penserete che sia un libro di un famoso scrittore di saggi o narrativa, con interessanti risvolti culturali sulla nostra società, che sia qualcosa di profondo e scritto con artifici dialettici complessi e puntuali, e invece deluderò quei quattro gatti che leggono i miei discorsi spesso inutili, perchè sto parlando di “Anna dai capelli rossi” di Lucy Maud Montgomery. La cosa, lo so, ha un che di puerile, certo, ma volevo assolutamente leggerlo perchè mi ricorda la mia infanzia, dato che era il cartone animato preferito mio e di mia nonna, lo vedevamo sempre, sedute in cucina, e questo ricordo mi ha spinto a comprarlo. So che suona strano, dopo aver amato per anni un libro di Eco, adorare un libro per ragazzi, ma io lo trovo delicato e struggente, mi ritrovo molto in quella ragazzina chiacchierona con tanta voglia di imparare e soprattutto di essere accettata, con la sua fantasia irrefrenabile, che le rende possibile vivere la sua vita da “diversa”. Ecco, il tema secondo me centrale in questo libro è quello della diversità, del suo essere nuova, fresca, in mezzo ad un ambiente chiuso e monotono. E’ forse per questo che l’adoro, è questo che vorrei dalla mia vita: cambiare qualcosa in meglio, renderlo piacevole perchè la mia diversità l’ha reso tale, l’ha fatto diventare cosa nuova.
Probabilmente è sotto questa ottica che sono entrata in politica e, non succederà mai, perché non voglio che accada, visto che voglio essere quella “dietro alle quinte”, ma semmai ci fosse qualcuno interessato a sapere perché l'ho fatto risponderei candidamente che è stato merito di Anna e del suo meraviglioso spirito.
* Ho riletto per caso in libreria la suddetta frase, un po’ per curiosità, un po’ per tuffarmi nei ricordi, ma ora la parola “strenne” è stata cambiata con “regali”. Che peccato, tanti bambini potevano bullarsi come me e invece la loro rompipallaggine è stata castrata.
5 commenti:
piccole donne e il nome della rosa sono tra i miei libri preferiti in assoluto!
ohhhhh, Piccole Donne è stato anche un mio preferito, appena dopo non mi ricordo quale libro dei Pirati della Malaysia...
Il mio al momento è stabile ed è "Se una notte d'inverno un viaggiatore..." di Italo Calvino. Non ho ancora trovato nulla di altrettanto geniale.
vedo che "piccole donne" è piaciuto anche ad altri :D
E' incredibile "Piccole Donne" è uno di quei libri che ho sempre messo in lista e mai letto.
Il mio primo libro preferito è stata una raccolta di poesie che leggevamo spesso con mia mamma, tra queste ricordo che "La cavallina storna" di Pascoli era quella che preferivo.
Poi c'è stato "Il signore degli anelli" letto alle superiori, primo romanzone con tante pagine..ero abituata per lo più con libri per ragazzi.
Ora tutto il mio amore è diretto verso Fedor e Tolstoj: L'idiota e Guerra e Pace si contendono attualmente il podio...e non riesco proprio a scegliere.
Nicky
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